lunedì 18 febbraio 2019

Il cambiamento

Quanto è difficile cambiare? è cosi difficile che persino il cambiamento tanto agognato mi porta a pensare male di me stesso e delle mie scelte. Lo dico con il cuore il mano: non sto bene!

In questi mesi si è manifestata un'insana penuria di spirito in me: tutto è terribilmente grigio, un'apatia che coglie in flagrante degli aspetti del mio carattere che non conoscevo. Il tutto causato da una rottura degli schemi che, pensavo, fosse la causa della mia infelicità. Non rimpiango la scelta di aver lasciato il mio lavoro, che per quasi quattro anni mi ha completamente consumato mentalmente; la cosa che mi lascia perplesso è di aver scoperto, mio malgrado, che quello stesso impiego alimentava le mie passioni, mi spiego...

L'essere infelice ci fa sperare che qualcosa di meglio possa accadere prima o poi, un evento che risollevi quel momento negativo. Nonostante tutto mi considero una persona intelligente, dunque so che se non ti rimbocchi le maniche, quel "qualcosa di meglio" non busserà mai alla tua porta, sicché ogni giorno cerchi di riempire il tuo tempo portando avanti ciò che ami, scoprendo cose nuove a torno al tuo universo  e alimentando la propria esaltazione e fanatismo.
Sicuramente tutto questo alleggerisce i tuoi giorni, li rende "vivibili" agli occhi tuoi e degli altri, eppure... non basta, perché il tempo è poco, gli obblighi di una vita normale sono li a contare i minuti del tuo orologio e allora finisce che passi le tue giornate a guardare le vite degli altri, a dirti che, prima o poi, capiranno i tuoi sentimenti e che per dio arriverà il tuo momento!

Dunque è un problema di tempo? O forse bisogna essere infelici per stimolare un processo di cambiamento? Io scrivo canzoni, e non è un caso che i migliori pezzi che io abbia mai scritto (essendo io l'autore ho il diritto di dirlo) sono quelli nati da un'intensa voglia di riscatto nei confronti della vita. E la vita è lavoro, è famiglia, sono bollette e affitti da pagare, serate con quei due amici che ti restano e una sottilissima sensazione di far parte del "normale". 
Forse è tutto li il problema, accettare se stessi e la propria normalità, sognare si, ma che resti un sogno, essere consapevoli che non salverai mai nessuno con le tue parole o con i tuoi gesti quotidiani. 

Io ho la fortuna di avere qualche persona che mi ama veramente. Io amo loro, ho paura di perderli, perché significherebbe "cambiamento". Al contempo, non riesco a capire i loro discorsi, come si può sapere cosa è meglio per gli altri, cosa dovrebbero fare, come dovrebbero sentirsi se non lo sai nemmeno tu? Sia ben chiaro: non che queste persone pretendano di darmi tutte le risposte di cui ho bisogno, cercano solo di tirarmi su e io lo capisco e sono grato a loro per questo. Ma non riesco a pensare ad altro che al tempo perso, a quello che dovrei fare ma che non posso fare. Volere è potere: cazzate. Potere è avere i mezzi per realizzare il proprio volere: soldi, conoscenze, raccomandazioni. Nella banalità a volte c'è del vero. 

Forse dovrei trovare il coraggio di partire, andarmene per qualche tempo per riscoprire un po' il senso delle cose, non pensare alla carriera, alla scalata sociale, ai soldi, alle cose da pagare... certo, implicherebbe una bella dose di egoismo, d'altronde, chi non lo è?