martedì 24 dicembre 2019

Il natale dei trentenni

Sono mesi che non aggiorno più questo blog, vuoi perché ho ripreso a scrivere a mano su dei quaderni, per inseguire una terapeutica presa di coscienza, vuoi perché oramai i Blog (con la B) non esistono quasi più.
Ciononostante non potevo mancare l'annuale appuntamento con il Natale e la fine dell'anno; ecco, parliamo di questo 2019, forse l'anno più duro della mia trentennale esistenza. Sì, perché mi sono scoperto una persona estremamente debole, non in grado di stare al passo con la vita che, nonostante tutto, va avanti (e per fortuna!) per i fatti suoi (purtroppo).
Ma partiamo dalle cose belle! Sono un uomo sposato adesso, ebbene sì, il 27 luglio ho fatto il grande passo, in una bellissima location in Sardegna, con tanti amici (quelli nuovi però, perché i vecchi non sono venuti per un motivo o per l'altro); ne ho anche approfittato per visitare la costa est dell'isola e l'entroterra macchiato da paesini dove puoi veramente respirare l'aria delle antiche tradizioni sarde.
Il matrimonio è stato un passaggio piuttosto naturale, molti dicono che le cose cambiano dopo sposati, per me tutto è rimasto uguale, è stata semplicemente una bella festa, a celebrare l'unione sardigiana.
Poi il buio, più o meno scuro, di mesi di attesa per questo benedetto lavoro che non riesco a trovare, un'attesa che ha scardinato tutte le certezze consolidate in 4 anni di vita francese, un periodo nel quale avevo trovato la tanto agognata indipendenza, sudata e meritata.
Ho cominciato a soffrire di attacchi di panico, respiro corto, sobbalzi notturni con il cuore a cavalcare costanti pressioni negative che ingolfano la testa prima di dormire, e in tutto questo sei impotente, ed è proprio quella sensazione a farti paura. L'attacco di panico è infido e bastardo, perché arriva quando meno te lo aspetti; magari sei tranquillo a suonare la tua chitarra, o a leggere un bel libro rilassato sul lettone, quando un tonfo profondo al petto ti coglie: inizi ad essere disorientato, il cuore batte velocemente, le gambe formicolano e solleticano, fai fatica a stare in piedi, non respiri bene, più cerchi di riprendere il controllo, maggiore è il panico ad agguantarti le budella.
In seguito è subentrata pure una lieve forma di depressione e di sfiducia: ti isoli, non hai più voglia di uscire, tutto ti sembra inutile, una perdita di tempo, almeno fino a quando non ti chiamano per organizzare un colloquio! Allora ti riprendi, cominci a prepararti, sei più sereno mentalmente, ti dici "dai, se ti hanno chiamato è perché sono interessati! Hai una possibilità!"... peccato che non vada mai come dovrebbe andare, per un motivo o per l'altro.
Sapete, fosse solo un discorso di competenze lo accetterei pure, ma quando non ti prendono perché non hai una doppia nazionalità, allora li veramente ti calano i marons glassés... e si ricomincia da capo.
Ora le cose vanno leggermente meglio, ho imparato a gestire questo stress che mi ha accompagnato per un anno intero; sono tornato dai miei a Natale dopo cinque anni di natali francesi; avevo un bisogno fisiologico di allontanarmi da quella realtà estranea a cui non mi abituerò mai, nonostante io l'abbia cercata andandomene a vivere all'estero. Purtroppo la mente è sempre piena di dubbi, di incertezze, eppure l'anno nuovo mi da sensazioni positive, in qualche modo si annulla tutto quello che è stato il 2019 e si entra in una nuova fase.
Sono un trentenne e non me ne sono accorto.

Buone feste.

lunedì 18 febbraio 2019

Il cambiamento

Quanto è difficile cambiare? è cosi difficile che persino il cambiamento tanto agognato mi porta a pensare male di me stesso e delle mie scelte. Lo dico con il cuore il mano: non sto bene!

In questi mesi si è manifestata un'insana penuria di spirito in me: tutto è terribilmente grigio, un'apatia che coglie in flagrante degli aspetti del mio carattere che non conoscevo. Il tutto causato da una rottura degli schemi che, pensavo, fosse la causa della mia infelicità. Non rimpiango la scelta di aver lasciato il mio lavoro, che per quasi quattro anni mi ha completamente consumato mentalmente; la cosa che mi lascia perplesso è di aver scoperto, mio malgrado, che quello stesso impiego alimentava le mie passioni, mi spiego...

L'essere infelice ci fa sperare che qualcosa di meglio possa accadere prima o poi, un evento che risollevi quel momento negativo. Nonostante tutto mi considero una persona intelligente, dunque so che se non ti rimbocchi le maniche, quel "qualcosa di meglio" non busserà mai alla tua porta, sicché ogni giorno cerchi di riempire il tuo tempo portando avanti ciò che ami, scoprendo cose nuove a torno al tuo universo  e alimentando la propria esaltazione e fanatismo.
Sicuramente tutto questo alleggerisce i tuoi giorni, li rende "vivibili" agli occhi tuoi e degli altri, eppure... non basta, perché il tempo è poco, gli obblighi di una vita normale sono li a contare i minuti del tuo orologio e allora finisce che passi le tue giornate a guardare le vite degli altri, a dirti che, prima o poi, capiranno i tuoi sentimenti e che per dio arriverà il tuo momento!

Dunque è un problema di tempo? O forse bisogna essere infelici per stimolare un processo di cambiamento? Io scrivo canzoni, e non è un caso che i migliori pezzi che io abbia mai scritto (essendo io l'autore ho il diritto di dirlo) sono quelli nati da un'intensa voglia di riscatto nei confronti della vita. E la vita è lavoro, è famiglia, sono bollette e affitti da pagare, serate con quei due amici che ti restano e una sottilissima sensazione di far parte del "normale". 
Forse è tutto li il problema, accettare se stessi e la propria normalità, sognare si, ma che resti un sogno, essere consapevoli che non salverai mai nessuno con le tue parole o con i tuoi gesti quotidiani. 

Io ho la fortuna di avere qualche persona che mi ama veramente. Io amo loro, ho paura di perderli, perché significherebbe "cambiamento". Al contempo, non riesco a capire i loro discorsi, come si può sapere cosa è meglio per gli altri, cosa dovrebbero fare, come dovrebbero sentirsi se non lo sai nemmeno tu? Sia ben chiaro: non che queste persone pretendano di darmi tutte le risposte di cui ho bisogno, cercano solo di tirarmi su e io lo capisco e sono grato a loro per questo. Ma non riesco a pensare ad altro che al tempo perso, a quello che dovrei fare ma che non posso fare. Volere è potere: cazzate. Potere è avere i mezzi per realizzare il proprio volere: soldi, conoscenze, raccomandazioni. Nella banalità a volte c'è del vero. 

Forse dovrei trovare il coraggio di partire, andarmene per qualche tempo per riscoprire un po' il senso delle cose, non pensare alla carriera, alla scalata sociale, ai soldi, alle cose da pagare... certo, implicherebbe una bella dose di egoismo, d'altronde, chi non lo è?