sabato 27 dicembre 2014

Che sia oggi o domani

Che sia oggi o domani
non importa. Ciò che conta
è la baraonda di quotidiani abbracci,
la cui impronta si posa sulle spalle,
senza colpa.

Che sia oggi o domani
vorrei spendere gli affanni
per tenerli lontani;
magari appenderli, come panni,
perché asciughino l'indomani.

Che sia oggi o domani
la certezza è gia passata,
si è dileguata, nel vespro degli anziani,
lasciando il posto alla bendata,
e al brulichio di quattro cani.

sabato 25 ottobre 2014

Portare pazienza

Il 15 settembre 2014 è cominciata la mia vita indipendente, in convivenza con la mia compagna. Dopo aver "scontato" la pena di quasi sei anni universitari casalinghi, finalmente una parte degli obiettivi agognati sin dall'adolescenza si è realizzata: vivere in Francia.
Ora, non mi reputo né uno sciocco né un tipo particolarmente banale. Voglio dire che non mi è mai passato per la testa un pensiero del tipo: "Si! una volta arrivato in Francia, tempo due giorni, avrò la mia bella casa, il mio stipendio da tremila euro, un cane, un gatto e tanta felicità!". Ed ecco che il mio senso della realtà, a cui devo molto per tutti gli anni passati assieme, si è presentato puntuale a ricordarmelo: "Cercare l'indipendenza per costruirsi la propria vita è dura, facci l'abitudine."
E sapete cosa vi dico? Vi dico che bisogna portare pazienza.
Personalmente faccio sempre lo stesso errore, mi impongo di raggiungere obiettivi in un lasso di tempo pressoché limitato perché ho paura di non avere tempo, di essere fuori dai giochi. Sento di ragazzi che a poco più di vent'anni hanno sviluppato idee milionarie gestendo importanti aziende, persone che scrivono romanzi e che fanno scoperte meravigliose mentre io, per campare da solo, mi ritrovo a fare lo stagista non retribuito in università e lo sguattero in un ristorante, per l'ennesima volta, a 350 euro, per quaranta ore mensili di lavoro, con tre lauree sul groppone.
Bisogna portare pazienza.
Ovviamente si tratta di un momento, guardiamo il lato positivo, cerco lavoro da quasi tre settimane e già ne ho trovato uno. Inoltre si tratta di una cosa temporanea. Il mio CV piace ma per il momento non serve qui a Grenoble. Parigi è la via, Parigi sarà la svolta, le offerte non mancano.
Bisogna portare pazienza.
Un'altra cosa bella è il mio nuovo obiettivo: il diploma per diventare "Conservatore" nei musei.  L'anno prossimo vorrei trasferirmi a Lione per iscrivermi al Master che prepara al concorso, una roba da scienziati, tre prove scritte, tre prove orali, lingue straniere, etc. etc., cose che il sottoscritto studentello dell'Istituto d'arte di Fermo non potrebbe mai sostenere agli occhi dei liceali classici dai ventri gonfi di latino e greco.
Bisogna portare pazienza vi dico... forse mi attendono anni da sguattero, pizzaiolo, cameriere, per cui questo mio essere migrante non ha molto senso, ma come dice la mia bella madre "Qualunque lavoro, se onesto, è dignitoso".
Bisogna portare pazienza perché ne uscirò vincitore, ancora una volta, e sarà motivo d'orgoglio ripensare alla strada fatta, poiché non tutti hanno il coraggio di intraprenderla.
Io sì.


sabato 26 luglio 2014

But me I'm not stopping there, got my own row left to hoe!

Adesso che ho finito posso scrivere. Gli obiettivi sono stati raggiunti, tutti. Io ce l'ho fatta, rimettendoci salute mentale e fisica, ma ce l'ho fatta.
Che sia libero di esprimere alcuni elogi a me stesso dunque, poiché è giusto rendersi conto delle proprie capacità oltre che delle debolezze.
Le motivazioni che hanno spinto il sottoscritto al tour de force sono due:  concludere il ciclo di studi li dov'era iniziato cinque anni fa; cominciare una vita indipendente a partire da settembre, senza lasciare nulla alle spalle.
Le incertezze sono moltissime, anzitutto lavorative, ma sono dubbi spinti da un forte vento di cambiamento che si erge attorno gonfiando più le vele dell'impazienza che quelle delle ansie dannose.
Così mi viene in mente una canzone di Neil Young, Thrasher. Si dice sia una metafora della morte, probabilmente è vero, eppure ho sempre interpretato le parole di quel testo come fossero un inno al cambiamento, alla maturità, un pezzo delle vite di tutti se vogliamo: il pauroso desiderio di lasciare gli amici che hanno accompagnato la crescita di ognuno per seguire, o inseguire, una strada che tende ad orizzonti tanto incerti quanto necessari alla propria evoluzione, al fine di impedire la lenta ed inesorabile "stagnazione" che i luoghi, le abitudini, le persone e i vuoti interessi portano con sé, Better down the road without that load...
Allora mi pongo una questione: ho 24 anni e dei pensieri fissi che allo stesso tempo definirei "raminghi", tendenti cioè al continuo cambiamento, al movimento, al non restare troppo nello stesso ambiente poiché quest'ultimo opprimerebbe le vedute e i desideri, dunque come potrò essere uno qualunque? Sia chiaro che chi tende alla felicità non può avere come scopo quello di "diventare qualcuno", si soffre troppo secondo me, a ragione del fatto che il più delle volte si cade nella frustrazione di non essere riusciti nell'intento; chi invece porta a termine l'impresa si lascia troppe cicatrici sul corpo. No, il vero obiettivo è essere uno qualunque, senza fermarsi mai.

But me I'm not stopping there, got my own row left to hoe, 
just another line in the field of time.
When the thrasher comes I'll be stuck in the sun like dinosaurs in shrines, 
but I'll know the time has come to give what's mine.


mercoledì 26 marzo 2014

Scrivere per soppiantare l'ansia

Scrivere, sì. 
Ma scrivere di cosa? L'esercizio in sé è molto utile: learning by doing, si impara facendo.
La mia vita è in una fase di movimentazione esagerata, sempre più povero, sempre più impegnato, gonfio di ansie da affrontare.
Farò un elenco di tutto ciò che mi disturba mentalmente,una sorta di piano per capire i miei punti deboli, affrontarli e trasformarli in opportunità:

N. 1

Università: attualmente è il pensiero fisso, quello con cui mi sveglio la mattina e mi addormento la sera. L'ansia è angoscia causata da un conflitto interiore non meglio specificato, sta lì. 
L'università è la mia angoscia per tanti motivi; la sede della mia città verrà chiusa e verrà spostata in un'altra città. Ciò significa che il luogo che mi ha ospitato per 5 anni non esisterà più. Sarà stupido affezionarsi ad una struttura di cemento, scale, intonaco, legno e quant'altro, ma io ho sempre avuto questo difetto, entro in simbiosi con i luoghi che sono solito frequentare e con le persone che ci sono dentro. 
Un altro motivo di angoscia inerente l'università è il tempo. Non ho tempo. Non riesco a stare dietro a tutto, tra lezioni, stage, esami da studiare, tesi da scrivere, convegni da preparare... è una sfida senza dubbio; mi rendo conto che tutto questo non è altro che "acqua calla" come si dice dalle mie parti, cioè non è nulla in confronto a quello che verrà poi, quando guarderò il me stesso studente da lontano. Ma la mia domanda è: perché deve essere per forza un continuo peggiorare? Forse non sarà così male poi, nonostante le difficoltà che intralceranno il mio cammino.

N. 2

Famiglia: forse a pari merito con la prima, anche se in questo caso l'espressione "farci il callo" è decisamente appropriata. La mia casa è una tortura, un luogo di tensioni, di infelicità, di depressione, di rassegnazione. 
Lo vedo in mia madre che ha stravolto il suo essere, sconfitta dalla banalità e dall'egoismo degli altri. Ammiro molto mia madre, la ammiro perché ha una pazienza spropositata ormai agli sgoccioli, perché ha sempre messo i figli al primo posto, perché mi ha insegnato il valore dei libri, perché qualunque cosa c'è sempre stata e sempre ci sarà. Per questo motivo mi dispiace molto vederla invecchiata all'improvviso, stanca della monotonia della sua vita spesa per gli altri senza mai lamentarsi, senza mai battere ciglio; la cosa che più mi addolora è che non posso fare nulla per lei, mi mancano i mezzi. Allora studio, mi impegno, cerco di dare il massimo perché so che ci tiene, perché l'orgoglio di avere figli come noi è l'unica cosa che le è rimasta.Le avevo promesso un viaggio a Parigi e ancora non ho mantenuto la parola.
Dall'altra parte abbiamo un uomo, un "padre", che ha sempre messo al primo posto i suoi interessi, caricando l'intera famiglia di paure, le sue, e di frustrazioni, sempre le sue. Questo mi ha rovinato, mi ha reso cinico e sospettoso nei confronti di tutti, e per quanto io cerchi di non essere come mio padre, mi rendo conto che sono molto più simile a lui di quanto non lo sia di mia madre; questo nonostante io disprezzi il suo carattere e i suoi modi di fare. 
Una volta la mia ex mi disse: "Sei come tuo padre!". Mi arrabbiai moltissimo, mi sentii offeso, pugnalato, scarnificato, e adesso ho capito perché, aveva ragione.

N. 3

Finanze: quest'anno, dopo 6 anni, mi ritrovo senza soldi. La cosa strana è che se mi capita di avere per le mani qualche euro (grazie alla benevolenza di mia madre o a qualche lavoretto trovato qua e la) pochi giorni dopo succede qualcosa che me li fa spendere tutti e pure di più! Sarà un periodo dove devo prendere e dare velocemente, certo è che si tratta di una situazione limitativa, ma almeno abbiamo la salute.
Potrei continuare per molto ma la smetto qui. Non è tutto nero (nonostante questo post dica esattamente il contrario), è solo uno sfogo, futile perché so che non troverò 3000 euro per terra chiuso il pc né verrò proclamato dottore con 110 e lode e lavoro in spalla. Però serve scrivere, per distrarsi, per allenarsi, per capirsi. 
Poi ad aspettarmi c'è una meravigliosa ragazza e tanti cari amici, chi più chi meno, con i quali porto avanti la baracca.
Scrivete, scrivete, scrivete...

lunedì 3 febbraio 2014

Quando eravamo un trio

Non molto tempo fa facevo parte di un trio. 
Era un trio che spaziava tra la demenzialità e il rigore dell'adolescenza, un sorta di passante che si fermava ad ammirare le brevi esperienze dell'incoscienza e della leggerezza dei 15/16 anni.
Quando eravamo un trio la cosa più importante era la pizza "dalla polacca" per due ragioni: numero uno il rapporto qualità prezzo era ottimale; numero due ci serviva quella che noi pensavamo essere una modella dell'est Europa quando, in realtà, era nata ed abitava a pochi chilometri da casa nostra.
Quando eravamo un trio le giornate scorrevano più lentamente, molto più lentamente di adesso. Avevamo il tempo di andare a scuola, di organizzare il pomeriggio, di comprare fumetti e dischi musicali; avevamo il tempo di programmare viaggi mai fatti, di dare consigli inopportuni, di copiare gli stessi errori, di aspettare il ritorno di uno di noi.
Quando eravamo un trio abbiamo tentato la carriera musicale in un garage freddo e rimbombante dove si sentiva solo il rumore della batteria a causa di un basso senza amplificatore e di una chitarra dall'amplificatore troppo piccolo.
Io devo a quel trio il mio ingresso ufficiale nel mondo degli adulti, non fosse stato per loro sarei ancora un timido bambinone impacciato. 
E adesso che quel trio sta per sciogliersi definitivamente, per ragioni più grandi di noi e per scelte ancora più grandi, volevo ricordarlo, perché quando eravamo un trio ho assaggiato una parte di felicità.
Buon viaggio amici miei, sia per chi partirà a breve, sia per chi se n'è già andato.