martedì 6 dicembre 2016

27

Il 3 dicembre ho compiuto 27 anni. 

È stato bello appurare che anche a Grenoble, a 833 km di distanza da casa, ho trovato delle persone che mi vogliono bene e a cui voglio bene; magari per qualche ora, o fino al mattino dopo aver orgogliosamente gridato a squarciagola tutte le canzoni degli AC/DC e dei Led Zeppelin ♫ “lanciate” dal DJ rockettone in un vortice fatto da cento e più persone ristrette in quel minuscolo spazio vitale di locale.

Senza star male, ho tirato fino alle cinque, accompagnando gli sguardi della gente, le risate e le confessioni con pensieri sempre netti, oggettivi, stretti alla gola come cravatte di infima qualità estetica: c’è stata anche sofferenza di cui non parlerò ma che fa riflettere sulle priorità della vita.
Ti concentri sui dettagli: la ragazza con la frangetta e i capelli rossi scuri ci prova col tuo amico impegnato a giorni alterni accarezzandogli le orecchie come si fa con i gatti; lui rifiuta con un sorriso compiaciuto, non può che rifiutare avendo al fianco la tipa con cui esce da un mese.
L’altro mio amico si butta nella danza reclamando a gran voce la musica depressa e ricercata degli anni ’90, io lo blocco dicendogli “voglio i Blues Brother”, lui approva intimorito; 10 secondi dopo la sala balla Jailhouse rock di Elvis. C’ero quasi.
Poi l’ubriaco di turno si mette a pisciare in mezzo alla gente, sulle sciarpe e i cappotti appoggiati alla panca dando una lezione di stile a tutti i surrealisti del fottuto pianeta. Ne ho vista di gente messa male, ma uno come lui mi è rimasto impresso nella mente. E se da una parte vorresti incorniciare quel momento per mostrare al mondo lui, il suo pisello infreddolito e il suo sguardo da Nirvana, dall’altra le mani tremano quando ti accorgi che ha colpito anche te col suo piscio fetido. Arriva il buttafuori, il fremito si placa.
Pensiero triste, pensiero di vicinanza... si riparte.
E via si balla! si beve! si ricordano fatti avvenuti quattro anni prima, alla stessa ora, nello stesso posto con una compagnia che è un po’ la stessa di adesso, solo meno matura data la giovane età.
Entrano loro due, il re e la regina della serata: Jon Bon Jovi dei poveri e la groopie di 16 anni. Lui ha stile, dio bono che stile... lo invidi tantissimo, i capelli che sono un miscuglio di Welcome to the jungle, Bed of Roses e Eruption. La canottiera sbrindellata, il giaccone di pelle tirato giù a metà spalla mentre il bacino si struscia contro di lei, stesso stile, età minorile.
Eppure li invidi tantissimo, perché si vede che amano la loro vita, la loro storia. Per una sera saranno loro i protagonisti, per una sera l’intera città sarà ai loro piedi, pace per chi li disprezza, per chi li considera dei pagliacci, io ho visto nel loro viso la gioia.
Poi finisce, si riparte verso casa, si schitarrano le prime ore del 4 dicembre, le solite canzoni che non stancano mai. Io sono un Jubox rotto, saluto i presenti, cavalco la mia bicicletta a noleggio e mi dico che sono cominciati bene questi 27 anni.
Mi allontano e mi immagino come un puntino perso tra i rumori e i dolori di Grenoble. 

mercoledì 26 ottobre 2016

Devi sapere di me...

Devi sapere di me molte cose.

Per esempio del mio aspetto: 1 metro e 74 per 115 kg che almeno una volta l'anno scendono verso i 100 per poi rimontare in volata, puntualmente.

Devi sapere che ho capelli lunghi e castani, una barba nera da pirata, occhi marroni, mani grandi, e una cintura fatta di pelle notamente conosciuta come pancia.

Devi sapere che a tutto questo aggiungo solitamente una t-shirt d'estate e maglioni d'inverno, un paio di jeans, scarpe rigorosamente comprate da BATA all'Oasi di Campiglione in provincia di Fermo (le Marche... hai presente quella regione fra Emilia e Abruzzo?... lembo terracqueo disteso fra mare, monti e colline notamente conosciuto per la pronuncia gutturale e storpiata di ogni parola? VABBE!).

Devi sapere che sono ufficialmente fidanzato (nonostante la cintura di pelle di cui sopra); inoltre la mia fidanzata viene dalla Sardegna, la cui forza fisica e tristemente nota ad ogni partner impegnato con qualcuno proveniente dall'isola per eccellenza. Noi sappiamo cosa vuol dire... prima di tutto devi procurarti una pecora, senza una pecora non sarai mai degno di far parte della famiglia.

LA PECORA È LA LEGGE.

Devi sapere che ho un orologio bellissimo.

Devi sapere che ho avuto un'infanzia normale, tendente al felice, ma non da Magico mondo di Amelie, meglio.

Devi sapere che ho due grandi passioni: la lettura e la musica, a cui aggiungo di tanto in tanto il disegno e il viaggiare.

Devi sapere che conosco la differenza fra un Mi bemolle maggiore e una sedia, vorrei che anche gli altri la conoscessero e la smettessero di intossicarmi le orecchie.

Devi sapere che sono razzista, ma solo da un punto di vista musicale (come avrai notato): o ascolti Jazz, musica rock-blues anni '60 e '70 e cantautorato italiano e francese sempre di quel periodo o sarai bannato da ogni considerazione in merito.

Devi sapere che amo il fumetto e l'animazione e che ho dei gusti straordinari in merito; sia chiaro, non lo dico io, ma la storia (del fumetto e dell'animazione).

Devi sapere che ho studiato tanto, troppo, per poi ritrovarmi a fare il supporto informatico multilingue in Francia. Per inciso: ho studiato beni culturali (HA HA HA).

Devi sapere che sotto sotto sono un artista ma che, probabilmente, non emergerò mai. O forse si, e allora sto blog sarà letto da tutti e io vivrò della mia arte scritta, musicata e disegnata.

Devi sapere che voglio bene ai miei amici, ai miei genitori e ai miei fratelli, ma che vivo senza sentirli praticamente mai.

Devi sapere che ho paura dei soldi e della solitudine, ma allo stesso tempo li amo entrambi perché alimentano le mie passioni.

Devi sapere che piango vedendo Casablanca, Luci della città e Shine.

Devi sapere che dentro mi sento come se un giornò avrò la Fortuna bussare alla mia porta e io le aprirò offrendole un caffè.

lunedì 8 agosto 2016

A mia Nonna

Sonny Rollins suona Without a song aprendo l'album The Bridge.
Dopo nove mesi sono di nuovo a casa mia, a Fermo. Qui ho ritrovato i dischi e i libri cumulati una vita fa, a ventisei anni puoi cominciare a parlare di "una vita fa", senza troppi giri di parole.
Qui in camera mia ho anche ritrovato i miei diari di bambino delle medie e di adolescente, o per meglio dire li ho tirati fuori visto che sapevo benissimo dove si trovavano; curiosamente sfogliandone le pagine ho scovato una confessione che indica il motivo del mio arrivo improvviso e non programmato nelle Marche: la paura della scomparsa di mia nonna.

Mia nonna Stella è morta quattro giorni fa, il 5 agosto 2016 alle 20.30, aveva novant'anni.

Non so spiegare bene la ragione di tanta paura per un fatto naturale qual è la morte: c'è il bene che vuoi alla persona, il timore di non rivederla più fisicamente e di veder soffrire la gente che ti-le sta intorno. Tutto questo ha sviluppato in me un vero e proprio senso di rifiuto nei confronti di un atto tanto normale a cui siamo predestinati.

Poi ho capito: morendo mia nonna ha portato con se il senso fisico della mia infanzia; i ricordi restano sempre ovviamente, ma lei era il legame con un mondo che oramai non mi appartiene più da tanto tempo, come la casa in cui passavo le estati da bambino, il tè freddo e il pan carré con il prosciutto che mi serviva a merenda, prosciutto comprato alla Conad vicino al residence per anziani di Montegranaro; lo chalet "Dal Veneziano" di Civitanova Marche dove mia nonna prenotava sempre l'ombrellone e la cena di Ferragosto;  il Natale e la tombolata in famiglia; le coperte pesanti e il pigiama di flanella passato da generazione in generazione che pizzicava sulla pelle quando mi aiutava ad indossarlo; Forum su rete quattro ai tempi del giudice Santi Licheri mentre preparavamo il pranzo tutti insieme; i libri di scuola rigorosamente ordinati alla cartoleria di fiducia "Mariuccia" che comprendevano anche l'operazione di imbustamento con copertine trasparenti o verdi nello studio grande di mio nonno; i giochi con i miei cugini e mio fratello davanti, dentro e dietro casa; l'annaffiare il giardino di mia nonna, vanto del paese; aprire timidamente la porta ai giovani studenti poco più grandi di me che continuavano ad andare dalla Maestra Stella, in pensione da anni, ma sempre pronta ad aiutare nel dopo scuola, perché il lupo perde il pelo ma non il vizio.
E chissà quante altre cose che al momento non ricordo. Ecco, mia nonna è stato tutto questo.

Oggi al funerale ho rischiato il pianto, non per la morte di una persona tanto cara che era alla fine della sua lunga e felice vita, ma per la gente: la chiesa gremita di parenti, ex alunni che oramai hanno più di sessant'anni, amici di famiglia, vicini di casa, tutti li a dire addio ad una persona che, parole di un'amica di mia nonna, "è stata importantissima per questo paese".
E Montegranaro, paese di umili contadini e scarpari, si è ricordato di mia nonna, ha risposto attraverso i propri abitanti con piccoli gesti carichi di significato, chi baciava la bara, chi l'accarezzava sospirando "Stella mia", "Cara Maestra" o "La Maestra mia..."

"Al mio funerale non vestitevi di nero! ma tanto io c'ho da campà ancora", e che attaccamento alla vita ha avuto mia nonna, fino alla fine tanto da stupire medici ed infermieri. Oggi durante la predica del prete stupidamente ho immaginato mia nonna dirsi fra sé e sé "Per chi è sto funerale?", perché lei non se lo immaginava proprio.

Io credo che il consiglio più grande che mi abbia mai dato implicitamente sia stato "Non sprecare la vita che è tanto bella, goditela!", e pensando ad una persona che ha attraversato una guerra e ha cresciuto un fratello da sola mentre si faceva 4 km a piedi tutti i giorni per andare ad insegnare nelle scuole di campagna, beh, dona tutto un altro valore ad una frase semplice a cui non diamo mai troppa importanza.

Ora Sonny Rollins sta suonando You do something to me chiudendo il disco, e io dico definitivamente addio ad una persona tanto amata che resterà nella memoria mia e dei miei fratelli, con tutti i suoi difetti e le "leggende" che già girano intorno al suo nome, Stella Franceschetti, la Maestra.

mercoledì 13 luglio 2016

Aggrappiamoci!

Ho pensato molto a cosa scrivere in questi giorni.

Inizialmente avevo in mente di "farmi" felice pensando a quanto stia andando bene l'avventura: la mia compagna ha passato il CAPES, concorso indetto in Francia per chi vuole insegnare italiano. Ora è ufficialmente insegnante, ha realizzato uno dei sogni della sua vita ad appena 26 anni; non dovrà restare in fila per decenni come succede per le graduatorie in Italia, no, in Francia sei già insegnate se passi il concorso, punto. 

Ed io sono felice per lei, sinceramente, perché si è impegnata come un drago per un anno, affrontando ansie ed insicurezze, riuscendo la dove lei stessa si dava per spacciata; e speriamo le serve da lezione: mai sottovalutarsi. Mia mamma una volta mi disse: "ci sarà sempre qualcuno migliore di te, ma ce ne sono tantissimi sotto di te". Lovely big mama. 

Anche la vita sociale ha preso una piega inaspettatamente positiva: nuove compagnie, tanta voglia di stare insieme, progetti, cene, birre, le bestemmie agli europei, le mamme tedesche a cui hanno fischiato le orecchie per 3 giorni dopo la partita, gli insulti ai 18enni francesi che tifavano Germania (Bom Dia Francia !), etc etc... questa città che mi pesava sul groppone inizia e dimagrire e a pesar meno. 

Poi le tragedie. 

Hanno ucciso un nigeriano nella mia città, Fermo, un posto che non ha mai fatto male a nessuno (almeno nei miei 20 anni di ricordi in cui ho vissuto li). Un fatto di cronaca come tanti, un delitto razziale perpetrato da un fanatico di estrema destra conosciuto da tutti a Fermo per la sua violenza e le sue idee radicalmente idiote. 
Quando vedi via XX settembre, la strada che porta in Piazza del Popolo dove ho vissuto i felici anni universitari, stirata e spiegazzata sulle prime pagine di tutti i quotidiani nazionali, capisci che qualcosa ti ha colpito dritto in testa. Come il pugno che ha ucciso quella povera persona, Emmanuel. 
Allora cominci a riflettere, a leggere, ad informarti: perché la vita si accanisce in questo modo? Come può rendere tutto cosi difficile? Voglio dire Emmanuel e la sua compagna avevano già perso un figlio, oltre ad essere costretti a fuggire per la guerra... Cristo. 

Ieri invece, 12 luglio 2016, il treno che io e la mia compagna dovremo prendere ad Agosto per andare a festeggiare il matrimonio dei miei amici di Corato si è schiantato contro un altro treno, un errore umano: 23 morti e non so quanti feriti. 
Leggevo delle vittime: c'è chi stava rientrando dopo aver fatto visita ad un'amica, chi stava andando in ufficio, chi aveva fatto una visita medica. Morti. Una morte orribile, una ragazza è stata riconosciuta grazie ad un anello che non toglieva mai. 

Quindi mi aggrappo disperatamente ed egoisticamente a ciò che mi rende felice, alle piccole gioie quotidiane: Ileana, il mio gatto, la famiglia lontana che rivedrò presto, gli amici anche loro lontani e vicini, la musica, i fumetti... andiamo avanti, aggrappiamoci! Perché la vita è veramente strana in questi tempi bui...