Quando ripenso alla mia infanzia spesso rivedo le camere vuote. Si tratta di stanze dove in un modo o nell'altro sono cresciuto, stanze che per motivi legati a brevi vacanze o a trasferimenti familiari, ho dovuto spogliare delle mie cose.
Tra le prime che mi vengono in mente c'è sicuramente la stanza "dei due lettini": si tratta di una piccola camera a casa di mia nonna, caratterizzata per l'appunto da due piccoli letti in cui dormivano mio zio e mia madre da bambini; quella piccola camera è stata per me una vera e propria culla estiva dove giocavo con mio fratello e i miei cugini prima di andare al mare o nei pomeriggi temporaleschi; dove guardavo a volume bassissimo la piccola televisione sony dato che avevo paura del buio "antico" della casa di mia nonna; dove aspettavo con ansia la mattina per sentire zio Paolo salire le scale e chiamarmi per andare tutta la giornata al mare, caro zio Paolo... Poi a settembre me ne tornavo a casa mia e mia madre cominciava a svuotare i cassetti, i ripiani, gli armadi, ricominciava il ciclo insomma, scuola, casa, partite di calcio con gli amici, e così via.
Poi c'è la camera di casa vecchia, la penultima casa in cui ho abitato dal 1994 al 2005. Ricordo il giorno del trasferimento, erano tutti indaffarati tra scatole e pacchi vari, ero momentaneamente solo in casa; entrai per un'ultima volta nella mia stanza: il pavimento si era trasformato in una distesa immensa senza il tappeto, la scrivania e l'armadio; mentre scorrevo con gli occhi le pareti vuote vi rileggevo tutto il tempo speso li dentro, le chiacchiere con i miei fratelli e i miei amici, i giochi, i momenti di tristezza, di gioia, quella sensazione fantastica di ansia pre-gita scolastica in cui mi ripetevo continuamente "manca poco, passa in fretta notte!", la sveglia puntualissima di mia madre per andare a scuola, le nottate passate a disegnare e a leggere fumetti. Mi è ancora molto cara quella camera.
A proposito di gite un'altra camera è quella dell'albergo a Budapest, in terza superiore, e a Monaco in quinta. La prima era grandissima, con tanto di divano, ricordo che scardinammo una porta per fare uno scherzo ad un nostro amico, della serie "coglioni si, ma con stile". La seconda mi è ancora più cara perché fu l'ultima stanza dove ho dormito con i miei compagni, tutti insieme, durante l'ultima memorabile gita delle superiori; fu una sensazione strana quella che mi accompagnò mentre facevamo le valigie, come se lo stomaco mi stesse mettendo in guardia: "goditi questi ultimi istanti e imprimili bene nella mente, saranno un ottimo rifugio"; così facemmo una foto, quattro amici e un letto, pochi secondi prima dello scatto uno dei quattro invece di dire il solito "CHEEESEE" disse "ultimaaaaaa" segnando di fatto la fine della mia infanzia.
Adesso le stanze vuote sono quelle di Grenoble, sto preparando le valigie, dopo 10 mesi torno in Italia. Ieri c'è stata l'ultima festa e fa strano vedere le stanze dei tuoi amici conosciuti qui in Francia in procinto di svuotarsi dopo che in tutto questo tempo, letteralmente volato, hai imparato a conoscerli e a conviverci anche all'interno di quelle stesse stanze. Mi piace pensare che si svuotino soltanto materialmente e che in qualche modo possa rimanere al loro interno sempre una piccola parte di noi che ci siamo "passati" e che stiamo crescendo troppo velocemente, troppo.
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