19 giugno 2013,
La calma.
Ho portato a termine i miei doveri da studente, la tesi è conclusa, resta solo la discussione prevista per il 2 luglio à quatorze heure. La sensazione è quella di aver fatto un buon lavoro, completo, originale e "scientifico", la laurea triennale non è nulla in confronto alle 136 pagine di quest'anno (mai scritto tanto in vita mia in una sola volta).
Lo sforzo mentale è stato devastante, sono molto stanco indubbiamente, eppure quest'esperienza mi ha permesso di capire quali siano i limiti che posso sopportare: l'ansia si è accomodata sul trono del mio stomaco e non intende schiodarsi da li, neanche adesso che "il più" è fatto, poiché ci sono sempre pensieri che intrattengono la suddetta, come l'idea di aver sbagliato l'impaginazione, un errore bibliografico, una nota scritta secondo linee guida clamorosamente inventate di sana pianta, su cui l'unica giustificazione sarebbe quella di appellarsi ai propri diritti intellettuali vaneggiando della superba artisticità di cui quelle stesse note sono la più grande testimonianza.
Poi penso che tutto è concluso, errori o meno non si può tornare indietro, tanto vale godersi due giorni di meritato riposo prima di cominciare a scrivere il discorso per la discussione, "pace fratelli".
La tempesta.
Altrimenti nota come "Il ritorno a casa". In realtà non sono così depresso all'idea di riabbracciare le Marche; il vivere fuori porta con sé tanti vantaggi, tra cui quello di capire il valore reale delle proprie radici, ad esempio mi è capitato di incontrare qualche marchigiano qui in terra francese: sentire i suoni gutturali del proprio dialetto (o storpiatura dell'italiano che dir si voglia), alcune "locuzioni" così familiari, usuali, che sempre hanno accompagnato la propria crescita, beh... è stato bello, perché effettivamente ci si rende conto di far parte di una regione bellissima a cui non si vuole rinunciare, una regione che si è creata una propria cultura fatta di tradizioni contadine, vino, castagne, feste popolari, il tutto ambientato in centri storici medievali e/o romani che si affacciano tra mare, monti e colline. Poi è chiaro, non ci vivrei mai per tutta la vita, le differenze sono troppo evidenti, io punto Parigi. Tornare ma non restare.
E allora questa tempesta? Ebbene, è la consapevolezza di tornare in un ambiente familiare che non mi si addice, che mi stressa, mi logora, mi infastidisce, mi rende cinico; voglio la mia indipendenza, e la voglio circodare delle persone che più apprezzo della mia famiglia e della cerchia dei miei amici, escludendone altre che hanno perso il loro treno tempo fa, e vi assicuro che sui binari è passato ad intervalli regolari per molto tempo.
Altre storie.
La prossima volta.
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