lunedì 13 febbraio 2017

Il cavaliere che si immerse nella lacrima di un cane

"Per otto ore ho avuto il potere assoluto. Per otto ore mi sono ritrovato a dominare il tempo e lo spazio a mio piacere, a creare spirali di immagini tridimensionali da ogni superficie presente nella stanza.
Leggevo i sentimenti e i comportamenti delle persone come fossero quaderni. I loro visi mutavano ad ogni battito di ciglia, cosi come la loro integrità morale, picconata ad ogni goccia di distillato.

Le parole uscivano e si stagliavano nell'aria, potevo modificarle a mio piacimento, rallentando il tempo del pensiero per trovare termini meticolosi, come "meticoloso" ad esempio.

So dell'esistenza di una città rinchiusa nel primo vortice basso del numero 8, un ingranaggio posto ai limiti del mondo: si presenta come la scenografia di un teatro, due tende trasparenti rispecchiano un cielo blu che sfuma in un profondo spazio nero illuminato da centinaia di lumini. Sopra i tetti delle case delle bandiere e dei palloncini rossi si stagliano al cielo come simbolo di pace. No, nessun riferimento politico, non esistono in quel posto. Vivono di altro.

Nel frattempo un uomo su un vascello del 1792 dalla prua dorata a forma di sirena termina il suo progetto costituito da una scopa di paglia e dai pezzi di un vecchio timone; il fantoccio è pronto, ha finalmente generato sua moglie.
Ma il capitano dalla feluca grigia (altrimenti conosciuto come Volpe Grigia) gli rimprovera il progetto sillabando a misura di sputo il grado di stupidità del suo sottoposto:

- Cos'è quell'obbrobrio? Lo getti via! Non siamo in un bordello dove voi cani pazzi gettate le vostre luride monete tra donne sifilitiche e carte da poker!

- No ma, vede Capitano io, io non posso farlo... come penserebbe Dio? Uccidere mia moglie cosi... no Capitano devo desistere da tale ordine. Desolato.

E mentre i due continuavano il giocoso e puerile alterco, un imperatore cavaliere cominciava il suo viaggio di conoscenza. Chiese la sua armatura migliore, quella fabbricata dalle scaglie del re salmone; domandò la sua lancia da viaggio su cui aveva fatto costruire due ruote al fine di cavalcarla come uno skateboard dei nostri giorni.
Egli vago per anni tra i mondi più o meno accessibili, ma soltanto quando la speranza stava per sotterrargli l'animo con l'ultimo tocco di terra umida, ecco che egli giunse alla porta degli universi.

Il guardia di porta aveva la forma astratta di un cane che apostrofò per la prima e ultima volta le seguenti parole ad un umano:

- Tu, cavaliere dall'armatura di salmone, sei giunto nel luogo ultimo della conoscenza. Aldilà dei miei occhi vi sono universi che nessuno ha mai sognato, luoghi che esistono solo nella mente degli dei, i cui principi devono seguire una determinata ragione. La rottura di questi principi causerebbe il crollo del reale. Non posso lasciarti passare.

- Guardiano, come può la conoscenza causare una tale rovina? Io devo sapere, gli uomini mi hanno affidato il compito. Vedi, tu che sei guardiano degli universi ultimi non hai bisogno del fuoco del sapere per sopravvivere. Noi esseri umani siamo destinanti all'oblio della nostra stessa razza, quella sarebbe la vera rovina.

- Ammiro la tua dedizione, ma saltando nei miei occhi verrebbe meno il primo principio dell'universo, e i fili retti dalle secolari signore si spezzerebbero causando la caduta del quarto principio. Vedi, ci sono delle cose che non si devono conoscere, tutti voi siete destinati a scoprirle, ma al momento propizio.

Ma l'imperatore non attese null'altro  che l'ultimo sussulto del guardiano. Con un balzo di rara felina bellezza distese le scaglie rosa dell'armatura sussurrando tutti i desideri degli essere viventi; il salto lo vide atterrare sul bordo del mondo che scese sulla guancia del cane come una lacrima di stelle. Arrampicandosi lungo il canale di comete il cavaliere venne risucchiato dal vortice di scoperta che solo gli dei creatori potevano aver immaginato.

Vennero cosi meno i principi dell'universo a scapito della conoscenza."


Tutto quello che avete letto è il risultato di un pezzettino di space cake mangiato ad una festa sabato.

Ho visto la realtà.






martedì 7 febbraio 2017

Il primo bacio

Il mio primo bacio fu un fugace battito di labbra. Eppure me lo ricordo bene.

All'epoca ero quasi bello: avevo una timida barba disegnata a matita, un torace da nuotatore e lo spirito guerriero, nonché degli occhiali neri, sottili, che si amalgamavano al viso tondo della gioventù. Avevo 19 anni, quasi dieci anni fa.

Successe alla mia festa di compleanno, evento mondano di una certa qualità (scadente); era un giorno nei primi di dicembre del 2008.

Sappiate che un anno prima ero stato complice della più grande celebrazione mai vista in terra fermana: quei 18 anni tanti agognati erano cominciati col botto, come giusto che fosse. I reduci la ricordano ancora tramandando il mito di un evento rimasto nel cuore dei più.

Tornando al 2008, decisi di fare una festa semplice, ridotta agli amici più intimi di quel periodo della mia vita. Una sala affittata al centro sociale sotto casa, musica, birre e 300 kg di tiramisù, le cui proprietà curative sono note sin dai tempi oscuri.

Vedete era il mio primo anno d'università... eppure continuavo a pensare alle scuole superiori con una certa nostalgia ben ancorata sulle spalle. La mia testa era come un cesto di vimini che continuava a riempirsi di esperienze, persone nuove, indipendenza, viaggi e ragazze mai avute. Con gli amici di allora si facevano tante cose, probabilmente sempre quelle, ma avevano sempre un gusto particolare. Averli li era per me motivo di orgoglio, una famiglia allargata, pronta ad afferrarti ad ogni, inevitabile, sgambetto dell'immaturità.

A vent'anni si è stupidi davvero, quante balle si ha in testa a quell'età...

Tra questi amici, vecchi e nuovi, c'era una ragazza, compagna di studi. Io non avevo mai pensato a lei in quella certa maniera che noi maschi conosciamo bene, eppure il potere di un bacio è in grado di distruggere qualsiasi Nazgûl (i NAAAAZGÛLLL!!!).


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La serata era quasi giunta al termine, eravamo rimasti in pochi, tutti illuminati dalla serenità e dalle birre ormai vuote. Spegnemmo la luce principale tenendo accesa una piccola lanterna nella stanza accanto. Due giovani amanti, ora sposati, avevano cominciato la loro storia in quel preciso momento. Lui mi raccontò di aver fatto l'amore con lei la notte stessa. La vita è inaspettatamente bella delle volte, e mi piace pensare di essere stato un po' l'artefice di questo grande amore.

Intanto io vagavo per la grande sala, bevendo e canticchiando le canzoni dei Led Zeppelin in sottofondo. Non ricordo i miei pensieri, ma sono certo di aver percepito qualcosa quella sera, un sottile solletico allo stomaco, quello che anticipa le grandi occasioni.

E fu in quel momento, nel buio tiepido del centro sociale di Caldarette Ete, frazione di Fermo, che lei si avvicinò a me regalandomi la prima, grande, emozione della mia matura adolescenza.

E che sensazione nuova provai... se dovessi esprimere un desiderio vorrei vivere eternamente sensazioni nuove.

Si allontanò sorridendo. Non successe mai nulla fra me e lei e non ne parlammo mai negli anni a venire. Rimase un tacito segreto da sfogliare nel grande libro dei ricordi.